Casa

La casa, il posto letto, il buco dove andare sono l'assillo di chi a Venezia arriva per lavorare ma anche per l'armata gioiosa degli studenti universitari. Siano essi futuri architetti o giovani promesse dell'Arte all'Accademia la paura di tutti, prima ancora che di un brutto voto al prossimo esame o che la donna di turno li lasci è di rimanere con le "cose in calle". Ciclicamente si sentono le ruote dei trolley strisciare per quello stato continuo di migrazione che al giorno d'oggi è l'essere studenti. Si vedono ragazzi che portano di tutto in vaporetto: pezzi di letto, materassi, arnesi da cucina. Avere l'amico col "barchino" è uno status symbol e semplifica l'esistenza oltre che essere una carta da visita determinante se si vuole "imbarcare" quella compagna di corso maledettamente carina. Questo continuo cambiar casa permette però di viaggiare da un sestiere all'altro della città. Da Santa Marta a Sant' Elena e conoscerla veramente: i negozi, i bar, i vaporetti. Ci si innamora pian piano si torna a casa sempre di meno, la terraferma diventa un luogo sempre più anonimo e Venezia diventa parte della propria esperienza esistenziale, della propria crescita culturale. Ci sono certi campi che appartengono ad un cuore tenero della città che solo una certa età sa inventare. La folla dell'Erbaria la sera dei week-end o delle sere d'estate a Santa Margherita sono dei mari di sguardi, corpi, bicchieri e parole in cui tutto sembra facile, tutto dolce e tutto infinito come l'età più tenera. Come se la vecchia Repubblica del Leone volesse con questo make-up rimanere giovane e bella all'infinto poichè questi giovani la provocano, le sporcano i muri, ma anche le dichiarano a modo loro il loro amore. Anche quando vengono sbattuti fuori di casa.

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